Una delegazione della Provincia di Vibo Valentia sarà domani a Roma per sensibilizzare la Commissione Affari costituzionali della Camera (nella foto, Piazza Montecitorio) sulle conseguenze socio-economiche innescate dall’eventuale abolizione degli attuali confini provinciali.
Ad annunciarlo è il presidente Francesco De Nisi, che questo pomeriggio ha inviato una lettera al presidente della Commissione parlamentare, Donato Bruno, e al presidente dell’Unione province italiane, Giuseppe Castiglione, nella quale sottolinea gli effetti dirompenti che avrebbe il provvedimento, soprattutto in un momento di profonda crisi economica come quello attuale.
Ecco il testo della missiva:
«Il legittimo confronto sul ruolo delle Province in Italia si è tramutato in breve tempo, come spesso accade nel nostro Paese, in un rigido conflitto tra due opinioni da talk show televisivo, ormai cristallizzatesi in una sorta di contrapposizione ideologica vecchia maniera.
La portata di una riforma che veniva annunciata come epocale, si è ridotta all’ipotesi di soppressione di appena 9 o 10 Province, facendo gravare su questi territori, probabilmente considerati sacrificabili, gli effetti devastanti di una scelta che ha un sapore esclusivamente propagandistico.
Messe al riparo le Province considerate non sopprimibili, perché legate agli equilibri di Governo, l’ipotesi di abolizione riguarda ormai soltanto i territori che non hanno la forza politica ed economica per difendersi. Per conseguire questo scopo si continua a disinformare i cittadini, sottacendo gli effetti reali che questo provvedimento avrebbe nelle aree sottosviluppate del Mezzogiorno.
L’opinione pubblica, infatti, è stata convinta a colpi di slogan che il taglio delle Province minori comporterebbe innanzitutto un risparmio per le casse dello Stato, ma nulla si dice sull’esiguità delle somme risparmiate (visto che i dipendenti pubblici verrebbero trasferiti altrove e non certo licenziati), né si accenna all’effetto domino che verrebbe innescato dalla soppressione delle Amministrazioni provinciali.
Tanti, infatti, sono gli enti e le articolazioni dello Stato che verrebbero meno con la cancellazione dei confini provinciali e del relativo status di città capoluogo. Via, dunque, Prefettura, Questura, Comandi territoriali dei carabinieri, della Guardia di finanza, del Corpo forestale, dei Vigili del fuoco, Ragioneria dello Stato, Agenzia delle entrate, Agenzia delle dogane, Agenzia del territorio, Direzione provinciale del lavoro, Camera di commercio, sezione locale di Confindustria, sedi provinciali dell’Inps e dell’Inail, Azienda sanitaria provinciale, Aci, Croce rossa, Ufficio scolastico, Ufficio provinciale delle Poste italiane, Motorizzazione civile.
Alla perdita di questi servizi di primaria importanza, si aggiungerebbe un crollo verticale della già claudicante economica locale, basti pensare, per fare qualche esempio, alla svalutazione immediata del mercato immobiliare e alla inevitabile contrazione del commercio. Insomma, in un contesto territoriale già molto difficile, oppresso da una criminalità sempre più arrogante e violenta, la cancellazione dei confini provinciali rappresenterebbe nei fatti un pericoloso arretramento dello Stato.
Qualche giorno fa, durante un’intervista da me concessa ad una trasmissione radiofonica nazionale, il conduttore mi ha chiesto con malcelato sarcasmo: «Ma davvero lei crede che la ‘ndrangheta abbia paura della Provincia?».
Nel rispondere ho faticato a far comprendere che non è l’Ente Provincia in sé a esprimere un effetto deterrente, ma l’articolazione territoriale dello Stato nel suo complesso a rappresentare un baluardo di legalità e di democrazia.
L’abolizione delle Province, dunque, comporterebbe anche il rischio concreto che l’azione di contrasto alla criminalità organizzata si affievolisca, proprio a causa della distanza geografica dei presidi delle forze dell’ordine rispetto ad una specifica realtà territoriale.
Si invita, quindi, a considerare con estrema attenzione le conseguenze socio-economiche derivanti dall’eventuale soppressione della Provincia di Vibo Valentia, soprattutto in un momento di profonda crisi come quello attuale.
Intanto, Giunta e il Consiglio provinciale di Vibo Valentia promuoveranno nei prossimi giorni una mobilitazione generale che coinvolga massicciamente i Sindaci ed i Cittadini che risiedono in questo territorio, affinché si prenda piena coscienza di questa problematica e si possa agire insieme per opporsi ad un provvedimento che ipoteca il futuro stesso del Vibonese».
Ad annunciarlo è il presidente Francesco De Nisi, che questo pomeriggio ha inviato una lettera al presidente della Commissione parlamentare, Donato Bruno, e al presidente dell’Unione province italiane, Giuseppe Castiglione, nella quale sottolinea gli effetti dirompenti che avrebbe il provvedimento, soprattutto in un momento di profonda crisi economica come quello attuale.
Ecco il testo della missiva:
«Il legittimo confronto sul ruolo delle Province in Italia si è tramutato in breve tempo, come spesso accade nel nostro Paese, in un rigido conflitto tra due opinioni da talk show televisivo, ormai cristallizzatesi in una sorta di contrapposizione ideologica vecchia maniera.
La portata di una riforma che veniva annunciata come epocale, si è ridotta all’ipotesi di soppressione di appena 9 o 10 Province, facendo gravare su questi territori, probabilmente considerati sacrificabili, gli effetti devastanti di una scelta che ha un sapore esclusivamente propagandistico.
Messe al riparo le Province considerate non sopprimibili, perché legate agli equilibri di Governo, l’ipotesi di abolizione riguarda ormai soltanto i territori che non hanno la forza politica ed economica per difendersi. Per conseguire questo scopo si continua a disinformare i cittadini, sottacendo gli effetti reali che questo provvedimento avrebbe nelle aree sottosviluppate del Mezzogiorno.
L’opinione pubblica, infatti, è stata convinta a colpi di slogan che il taglio delle Province minori comporterebbe innanzitutto un risparmio per le casse dello Stato, ma nulla si dice sull’esiguità delle somme risparmiate (visto che i dipendenti pubblici verrebbero trasferiti altrove e non certo licenziati), né si accenna all’effetto domino che verrebbe innescato dalla soppressione delle Amministrazioni provinciali.
Tanti, infatti, sono gli enti e le articolazioni dello Stato che verrebbero meno con la cancellazione dei confini provinciali e del relativo status di città capoluogo. Via, dunque, Prefettura, Questura, Comandi territoriali dei carabinieri, della Guardia di finanza, del Corpo forestale, dei Vigili del fuoco, Ragioneria dello Stato, Agenzia delle entrate, Agenzia delle dogane, Agenzia del territorio, Direzione provinciale del lavoro, Camera di commercio, sezione locale di Confindustria, sedi provinciali dell’Inps e dell’Inail, Azienda sanitaria provinciale, Aci, Croce rossa, Ufficio scolastico, Ufficio provinciale delle Poste italiane, Motorizzazione civile.
Alla perdita di questi servizi di primaria importanza, si aggiungerebbe un crollo verticale della già claudicante economica locale, basti pensare, per fare qualche esempio, alla svalutazione immediata del mercato immobiliare e alla inevitabile contrazione del commercio. Insomma, in un contesto territoriale già molto difficile, oppresso da una criminalità sempre più arrogante e violenta, la cancellazione dei confini provinciali rappresenterebbe nei fatti un pericoloso arretramento dello Stato.
Qualche giorno fa, durante un’intervista da me concessa ad una trasmissione radiofonica nazionale, il conduttore mi ha chiesto con malcelato sarcasmo: «Ma davvero lei crede che la ‘ndrangheta abbia paura della Provincia?».
Nel rispondere ho faticato a far comprendere che non è l’Ente Provincia in sé a esprimere un effetto deterrente, ma l’articolazione territoriale dello Stato nel suo complesso a rappresentare un baluardo di legalità e di democrazia.
L’abolizione delle Province, dunque, comporterebbe anche il rischio concreto che l’azione di contrasto alla criminalità organizzata si affievolisca, proprio a causa della distanza geografica dei presidi delle forze dell’ordine rispetto ad una specifica realtà territoriale.
Si invita, quindi, a considerare con estrema attenzione le conseguenze socio-economiche derivanti dall’eventuale soppressione della Provincia di Vibo Valentia, soprattutto in un momento di profonda crisi come quello attuale.
Intanto, Giunta e il Consiglio provinciale di Vibo Valentia promuoveranno nei prossimi giorni una mobilitazione generale che coinvolga massicciamente i Sindaci ed i Cittadini che risiedono in questo territorio, affinché si prenda piena coscienza di questa problematica e si possa agire insieme per opporsi ad un provvedimento che ipoteca il futuro stesso del Vibonese».
edg
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